Ho recuperato un vecchio MacBook Pro “early 2015”, quindi un laptop abbastanza datato e ormai non più supportato da Apple. L’ultima versione di macOS ufficialmente supportata da questo dispositivo è Monterey, che è andata in end-of-life circa un anno fa.
Usare un computer che non riceve più aggiornamenti di sicurezza è già un rischio di per sé. Se poi la maggior parte del software in circolazione non è più compatibile col sistema operativo in uso, tanto vale buttare il computer nel secchio dell’immondizia (o, più correttamente, conferirlo presso le apposite isole ecologiche).
macOS è inutilizzabile
Visto che comunque il MacBook è ancora funzionante e, essendo un 13”, è anche abbastanza leggero e maneggevole, ritengo che sia un peccato doverlo buttare via o lasciarlo inutilizzato in qualche cassetto. Ho quindi deciso di dargli una chance e mi sono messo a cercare il modo di installare una versione più recente, e ancora supportata, di macOS. Molto rapidamente mi sono imbattuto nel progetto Open Core Legacy Patcher, un software che permette di creare installer di versioni macOS recenti per hardware obsoleto e non più ufficialmente supportato da Apple. Ovviamente si tratta di un workaround col quale si aggirano i controlli dei requisiti dell’hardware su cui si installa il sistema operativo, ma per un computer da buttare la cosa è più che accettabile.
Dopo un po’ di test e formattazioni varie, sono arrivato ad avere macOS Sequoia in esecuzione sul MacBook. All’inizio il sistema era relativamente usabile, anche se non proprio un fulmine di guerra. Tuttavia, nel giro di pochi giorni, le prestazioni sono calate drasticamente, la dock non veniva più mostrata correttamente, lo sfondo del desktop ogni tanto spariva e la reattività del sistema alla pressione dei tasti era a dir poco imbarazzante. Per questo motivo, sono immediatamente passato al “Piano B”.
Installiamo Linux
Avevo già avuto un MacBook Pro in passato e lo avevo utilizzato con buona soddisfazione sia con macOS che con Linux. Tuttavia, per il modello in oggetto, sapevo già che la webcam non avrebbe funzionato (avevo già fatto esperimenti con Fedora 43, versione KDE). Tuttavia sempre meglio un pc senza webcam che un pezzo di ferro completamente inutilizzabile. Stavolta, però, invece della spin KDE, ho preferito installare la versione GNOME di Fedora 43.
Installato il sistema operativo, configurato e aggiornato con le ultime patch, non ho comunque resistito all’idea di far funzionare la webcam, e devo dire che la cosa si è risolta piuttosto rapidamente e senza intoppi grazie a un modulo che qualcuno ha sviluppato e reso disponibile su GitHub. Il modulo in questione è facetimehd, si compila correttamente seguendo le istruzioni per Fedora (ci sono istruzioni anche per Ubuntu e altre distro) ed ecco qua che anche il problema webcam è risolto e il notebook è perfettamente usabile, veloce e aggiornatissimo.
Conclusioni
È risaputo che con Linux si riesce a ridare vita anche all’hardware più obsoleto; un notebook di appena dieci anni, per me, non può essere considerato affatto obsoleto e vale la pena continuare ad utilizzarlo, esattamente come faccio con un pc desktop risalente al 2009, che ho assemblato personalmente in base alle mie esigenze dell’epoca, e che continuo ad utilizzare quotidianamente per le mie attività, ovviamente sempre e soltanto con Linux a bordo.
Il MacBook oggetto di questo articolo resterà in “monitoraggio” per alcune settimane, per vedere se per caso mostra qualche difetto o problemi di affidabilità. Cercherò di usarlo con una certa frequenza, proprio per stressarlo il più possibile e vedere cosa succede. L’articolo che state leggendo, ovviamente, l’ho scritto proprio dal MacBook utilizzando Fedora 43.